domenica 2 novembre 2008

Non conosco l'amore degli adulti

Per scrivere (potrei dire per vivere, ché le due sfere si intrecciano nella mia esistenza) ho bisogno di immaginare che ci sia qualcuno che all’improvviso voglia fare un viaggio dentro di me, che voglia scendere fino al fondo di me, quel fondo dove giacciono i miei pensieri più intimi, quelli inconfessabili, quelli inconfessati persino a me stessa, quel fondo dove come in una palude stagnante e maleodorante stanno anche le mie meschinità di donna, dove ci sono le ferite, le paure e le piccolezze. Non sono un gioiello io. Ho delle cose buone e tanto male dentro. Non c’è niente di equilibrato in me. Io sono tutti i miei eccessi. A chi voglia amarmi altro non chiedo che di amare i miei stessi eccessi. Qualcuno li ha amati, qualcuno ha amato la mia malattia aiutandomi a viverla per un po’.
C’è una persona che mi ha amato a lungo. Per tanti anni a colazione si apparecchiava la tavola con delle tovagliette plastiche, la sua era quella con le coccinelle. La mia non la ricordo. Sulla sua tovaglietta tutte le mattine c’era una fila di pillole. Le pastiglie che allontanavano quella che sarebbe stata una morte certa senza quei farmaci salvavita. Facendo colazione però ed anche nel resto del tempo sapevamo che chi era davvero ammalato di morte ero io. Credo che sia la persona che mi ha amato più di tutti. Amava anche la morte dentro di me, anche se a tratti sentiva tutta l’impotenza di non sapermi ri-animare.
A chi si avvicina a me chiedo di essere amata come si fa con un bambino, con la condiscendenza di chi sa che solo vezzeggiandomi, adulandomi e quasi adorandomi riesco ad eludere la morte ogni tanto. Non conosco l’amore degli adulti. Non mi è mai appartenuto.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

l'unico amore che conosco io è quello che vive di trasparenza, spontaneità, sentimento incondizionato. Non conosco giochetti del tipo:"Fuggo, così poi mi cerchi di più. Non ti chiamo, neppure se ne ho voglia, perché poi tu ti abitui a me. Non ti dico quello che provo perché se no poi ti spaventi. e Idiozie simili...", anche questo è l'amore dei bambini, quello che vive solo di emozioni ed è scevro di tutte quelle macchinazioni che però, ahimé mi rendo sempre più conto siano necessarie oggi. Io, non credo sarò mai portata per questo tipo di giochetti e, credo vivrò sempre l'amore come da bambini, naturalmente integrandolo con la consapevolezze che l'età adulta regala. Un abbraccio amica cara

Anonimo ha detto...

"Und horte fremd einen Fremden sagen:
Ich bin bei dir." (Rilke)

"E sentì stranamente uno straniero dire:
Io sono con te."

Abbi cura di te.

María Zambrano ha detto...

@ Vale. Certo l'amore alla "Alice ...". Non ne avrei mai dubitato. Un bacio.

@ Dino. "E, pur non conoscendone la lingua, lei intese ..." (Maria Zambrano per un atto di appropriazione indebita). ;)

Anonimo ha detto...

Leggo solo oggi questo post. Leggendo ho pensato, quasi visualizzandolo, a quel fondo di cui parli. E si è come ricreato in me...credo di esserti vicino per quanto mi è possibile...Demetrio

Anonimo ha detto...

io sono talmente abituato all'idea di reggermi in piedi da solo che non so gestire situazioni nelle quali sento di essere lusingato. Quando succede non ci credo e, con astio, finisco sempre per diffidare (tranne in casi troppo ambigui e rari per considerarli dati statisticamente validi). Mi sono sempre autoeducato all'amor proprio. Sono sempre stato io a "sponsorizzarmi" a venire rabbiosamente allo scoperto e pretendere la considerazione che mi spetta (per poi tirarmi indietro, il più delle volte, per i soliti tarli). Alla luce di questo fatto, con una delle solite proiezioni empatiche da impetuoso giovinetto incapace di raziocinio, mi piacerebbe pensarti più propensa a venire fuori da te, senza aspettare che qualcuno ti venga a scoprire...P.S.: è splendida questa pagina. Di una persona a me cara, rimangono alcuni dettagli simili a quelli che tu hai meravigliosamente tracciato in quelli che sono degli autentici fermo-immagine: su quelle coccinelle si sovrappongono le scatole dei medicinali di una persona a me cara, l'odore misto di pane, caffè e stomatico, dello stipo sotto al ripiano su cui lexotan e simili facevano da padroni...e gli occhi grigio-azzurri di questa donna avvolta da un'aura strana, nel momento in cui ho capito che non sarebbe stata per sempre. Ti devo un ricordo importantissimo: è un debito importante! Demetrio.

Daniele Passerini ha detto...

Non so cosa dire... solo che questo post m'è arrivato un po' al cuore e un po' allo stomaco, chiamando lacrime. I ricordi sono la nostra àncora e la nostra condanna, sono la nostra medicina, perciò a volte riescono a farci stare meglio altre volte ci lasciano un sapore amaro, a volte fanno entrambe le cose.
Un abbraccio.