mercoledì 5 novembre 2008

C'è che ...

C’è che sono giorni strani, di altalenanti umori, di labili emozioni con qualche momento di scollamento qua e là. A volte capita. Ci sono dei momenti in cui tutto tace. Mi sembra di vivere il mondo come attraverso uno schermo, come se niente mi appartenesse. Proprio nulla. E forse così è, di fatto. Solo che non me ne ero accorta prima d’ora. E’ come una lucida presa di coscienza. Nulla mi appartiene. Niente. Neanche me stessa. Come sto? Difficile a dirsi. Davvero. Forse ci sono stati giorni peggiori. O forse no. Non lo so.
Qualcuno prova a stanarmi senza esito. Un amico di vecchia data incontrato per strada e per caso mesi fa. Scrive. Romanzi. Vorrebbe darmi dei manoscritti affinché io li legga. E’ da giorni che prova a stanarmi senza esito. E’ un tipo sui generis. Mai venuto a patti con le necessità del quotidiano. Vive di espedienti appoggiandosi a chi di volta in volta gli si offre come spalla in cambio di un po’ di compagnia, un po’ di mutuo soccorso. Mi ha raccontato un po’ degli ultimi suoi anni nei giorni in cui l’ho visto. Scenario: Roma, appartamento di un noto poeta morto qualche anno fa, una sorta di poeta maledetto dei giorni nostri. E poi convivenza con vecchia signora ammalata di solitudine metropolitana e poi spettacolo teatrale nato per caso in una fumosa conversazione in un bar con attore teatrale appena conosciuto …
Le nostre migliori cose nascono sempre per caso.
L’ho visto nei giardini pubblici della città l’ultima volta ed è lì che gli ho promesso che avrei letto le sue cose. Non riesce però a stanarmi, non ho voglia di essere stanata per adesso e forse neanche molto di entrare nel suo mondo. Non ora. Non ora. Ma verrà il tempo.
Andrea prova a trascinarmi in palestra. Sono due mesi che ci prova. Alla fine lui si è iscritto e lunedì ha fatto la sua prima lezione. Ed io? Quando mi iscrivo? Quando? Mi interroga a giorni alterni. Forse, tra un po’. Ma non ora. Non ora. Aspettiamo che giunga l’autunno ché è ancora estate qui e c’è caldo. Forse. Tra un po’. Sorrido dicendolo. Lui sa che è molto improbabile questa mia iscrizione. Quando arriverà l’autunno, mi metterò ad aspettare l’inverno.
Esco ogni tanto a camminare in città. Incontro quasi sempre una faccia nota, il fratello di un amico che non è più nella mia vita. Leggo nel suo viso altri tratti. Si somigliano, sì. Mi torna in mente il suo viso e mi pare di risentire la sua voce baritonale. Non c’è dolore però. Non sento dolore. Deve essere sempre per via di quello schermo tra me e il mondo. Come sto? Come una che sta imparando a schermarsi … pochi momenti di passione, ma anche poco dolore. Mi guardo senza quasi ri-conoscermi.
Poi arrivano certe sere. Certe sere che mi risento un nodo all’altezza dello stomaco, quando una sola parola, detta o non detta, può gettarmi nello sconforto più totale. Mi ritrovo con tutta la mia dolente umanità. Gretta. Meschina. Soggetta a sentimenti altrettanto gretti e meschini. Mi volgo a cercare lo schermo. Dov’è lo schermo? Dove si è nascosto stasera?
Come sto? Così sto. Così come ho cercato di raccontare.
C’è che stasera spaccherò una melograna tentando nell’aprirla di non macchiare di rosso tutto il mondo attorno a sé.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

...però è bello scoprirsi parte di qualcosa. Forse, questo senso di estraneazione, dipende anche un pò dal fatto che quello schermarsi di cui parli, che li per li, ti mette al riparo da tante scocciature, a lungo andare finisce per schiacciarti e farti perdere i contatti con stimoli che altrimenti saprebbero catturarti (certo, la palestra è troppo, davvero troppo per certi pigri decadenti...per quanto una passeggiatina su un tapis roulant velocità 0.0001 Km/h pendenza 0, potrebbe giovarti: persino io ho fatto due mesi di palestra l'anno scorso!!!)...che fai allora? ti stani o t'intani??? (e si: c'è che...sono un cretino)... ;) Ciao! Demetrio.

María Zambrano ha detto...

Demé, che dire? Mi stano e m'intano a giorni alterni. Per adesso è così ma chi può mai dirlo??? ;)